Rreshen- 1 Febbraio
2014 -
carissimi
fratelli e sorelle, religiosi e laici per lodare e ringraziare il Signore per
questa festa dedicata alla Vita Consacrata celebrata per la prima volta nel
1997 per volere del nostro Beato Papa Giovanni Paolo II°. Festa che ha come
scopo “l’esigenza di ringraziare il
Signore per il dono di questo stato di vita che appartiene alla santità della
Chiesa”.
Ci sentiamo dunque in comunione con i tanti cristiani che oggi in
modo particolare pregano per noi, affinchè viviamo in pienezza i Consigli
Evangelici offerti a tutti, ma vissuti in modo particolare dai Consacrati. E’
anche un’occasione per pregare il “Padrone della messe, perché mandi operai”.
Papa Francesco ha detto e scritto tante cose su noi religiosi e per noi, non
ultima la dichiarazione che il 2015 sarà l’anno dedicato alla Vita consacrata
evidenziando che la “radicalità è
richiesta a tutti i cristiani, ma i religiosi sono chiamati a seguire il
Signore in maniera speciale”. Ha detto una frase che dobbiamo portare nel
cuore per viverla: I religiosi “Sono
uomini e donne che possono svegliare il mondo” sottolineando che la vita
consacrata “è profezia” e se è tale Dio “ci chiede di uscire dal nido che ci
contiene ed essere inviati-e nelle frontiere del mondo, evitando la tentazione
di addomesticarle”. Molto interessante per noi ed implica riflessioni anche a
livello di incontri intercomunitari o intercongregazionali che si fanno nelle
diverse diocesi.
Del resto inserendoci nella riflessione ecclesiale sulla Nuova
Evangelizzazione abbiamo i suggerimenti che i religiosi hanno espresso e
propongono per un’azione evangelizzatrice più efficace in Albania e che sono
nella linea d’impegnarci per “svegliare il mondo” a partire da noi stessi e dal
nostro mondo. Già qui in sala potremmo
farci una domanda:-
Da
quale sonno dobbiamo svegliarci per realizzare la nostra missione di
annunciatori credibili, nuovi, del Vangelo nelle nostre realtà e nelle
periferie come dice il Papa Francesco e come già nell’Assemblea dei Superiori
abbiamo evidenziato dopo gli interventi in assemblea di Monsignor Frendo e di
altre - Sonno
individuale - sonno comunitario - sonno apostolico.
Padre Peragine, presidente di Kshel l’anno scorso scriveva:
“L’attuale crisi economica, ci spinge a farci più solidali con i più poveri,
imparando da loro a cogliere l’essenzialità del vivere quotidiano. La pratica
dei Consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, in questo contesto,
ci danno la possibilità di testimoniare meglio la bellezza della nostra
vocazione e di trasmettere la fede dicendo con la nostra vita che abbiamo incontrato il Signore” (Gv.
1,41) Il
tema comunque che mi è stato assegnato è: “Quale gioia possiamo proporre noi
religiosi, consacrati, oggi, in Albania?”.
-Diciamo subito che
l’Albania è cambiata in questi vent’anni. Lo affermava l’Arcivescovo Massafra in
una lettera al Papa: "Santità, le do una bella notizia, la nostra Chiesa in
Albania è in cammino, è in crescita, ed è una cosa molto bella, molto
positiva". E’ chiaro, questo non vuol dire che non abbiamo difficoltà, che
non abbiamo problemi, ma le croci che fanno parte della nostra vita quotidiana
dimostrano che la vitalità c’è”. “Il cammino economico, scrive sempre
l’Arcivescovo, è in evidente crescita. Scutari, dopo anni di abbandono, sta
riprendendo la fisionomia di una città più moderna e questo dà speranza alla
gente”. Anche le alte città sono
cambiate e non solo esternamente: nella Cattedrale di Tirana abbiamo tante
richieste di Battesimi di adulti e quando vengono stranieri in visita si
meravigliano vedendo la presenza di tanti giovani.
-L’albania
è cambiata allora e siamo cambiati anche noi.
Conosciamo
meglio la realtà ed il vissuto della gente, i loro bisogni anche di formazione
solida, ci siamo meglio calati nella cultura, nelle tradizioni anche religiose
del popolo, abbiamo superato quell’assistenzialismo dei primi anni, anche se i
“poveri sono sempre con noi e chiedono anche ciò che non possiamo dare…”,
perché veramente c’è ancora chi ha fame in Albania e noi ci sentiamo spesso
impotenti. Dicevo, noi siamo cambiati, ma in questo cambiamento vorrei mettere
anche la crescita formativa dei nostri laici: alcuni hanno ruoli importanti,
lavorano con noi per far crescere la comunità cristiana e potrebbero assumere
anche altri ruoli quali il Diaconato come affermano alcuni Vescovi.
In questa Albania che
troviamo cambiata, si parla, oggi di “primavera
Albanese” noi religiosi, oggi, viviamo momenti di scoraggiamento, alcuni
sentono di sprecare il tempo in questa terra, forse concezione alimentata da
certe letture. Un sociologo albanese del quale non ricordo il nome diceva in un
incontro: “Voi siete venuti per convertire gli Albanesi, ma la cultura albanese
non permetterà mai una cristianizzazione e chi lo fa è perché si avvicina a voi
e forse lo farebbe per voi”. Non so se c’è verità in questa frase, forse
siamo venuti per far fronte ad un’emergenza….forse, forse….ma certamente siamo
venuti per convertire noi stessi, cambiare noi stessi e questo cambia il mondo
attorno a noi. Sono certa che chi si avvicina a noi e vede donne e uomini che
si sono lasciati toccare da Dio e che hanno scoperto che Dio non ama per
scherzo e che in Cristo ci spinge ad amare il fratello con “tenerezza” come ha
fatto Lui, il mondo attorno a noi cambia.
Conoscere davvero la
realtà e il vissuto della gente ci ha cambiati come ha cambiato molti volontari
che sono venuti in Albania. Ecco cosa dice un volontario: “Ho condiviso le mie giornate con persone dai volti invecchiati dal
sole e schiene curvate dalla fatica dei campi; ho visto bimbi scalzi con abiti
stracciati chiedere l’ elemosina e sono entrato in abitazioni piccole con le
pareti ricoperte dall’ umidità. Ma in questa povertà è viva nel popolo albanese
la consapevolezza che un futuro migliore è possibile solo grazie all’ amore del
Signore. La mia esperienza di volontariato in terra Albanese è appena
terminata, sono tornato dai miei cari, alla mia vita quotidiana con la
consapevolezza di aver ricevuto tanto da questa fantastica avventura sull’
altra sponda dell’ Adriatico e ora non posso fare altro che testimoniare le
grandi cose che il Signore ha compiuto in terra d’ Albania” Una giovane santa carmelitana, la
cilena Teresa de Los Andes, ha coniato la frase: “Dio è gioia infinita”. Che meraviglia!
Occorre quindi mettersi alla
riscoperta delle sorgenti e del percorso della gioia di Dio e dell’uomo per un
cristianesimo che porti il timbro di questo Dio che è gioia infinita, vissuta e
comunicata. “Perché non entrare anche noi in questo fiume di gioia infinita?”(n.5).
Ed è possibile in Albania come ovunque se ne accettiamo la responsabilità
Suor Maria Renata s.d.c
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