giovedì 22 gennaio 2015

LA CHIESA AIUTA A SALVARCI

LA CHIESA E IL MALE ( in preparazione alla Benedizione delle case)

Che autorità ha la Chiesa per liberare l’uomo dal male?

Nel suo ultimo saggio don Pietro Cantoni confuta molti preconcetti intorno al demonio e agli esorcismi

di Alessio Biagioni
Leggendo il libro di don Pietro Cantoni, L’oscuro signore – Introduzione alla demonologia(Sugarco, Milano, 2013), mi è tornato in mente subito l’episodio che mesi fa ha sorpreso tutti i mass media e gli “opinionisti”: l’esorcismo effettuato da papa Francesco dopo la Messa di Pentecoste.
Si sia trattato o no di esorcismo, o di qualsiasi altra preghiera, quello che ho notato è stato il rigetto dell’evento da parte dell’opinione pubblica. 
Il rifiuto del papa esorcista mi è subito sembrato conseguenza di due atteggiamenti diffusi nella nostra epoca: 1) Accettazione del male come qualcosa di inevitabile che è originariamente nelle cose. Tale teoria esclude l’esistenza del demonio, perché è un essere personale che tramite libera e consapevole scelta ha definitivamente rifiutato Dio; 2) Rifiuto di qualsiasi autorità.
Il Papa, o meglio, la Chiesa quale autorità avrebbe per liberare l’uomo dal male? Nel libro di don Cantoni viene spiegato proprio l’atteggiamento cristiano verso il problema del male, del peccato e degli angeli ribelli.
Per la Bibbia l’origine del male non è in Dio.

Narrandoci la creazione, il libro della Genesi insiste che ciò che viene creato, è “cosa buona”. L’uomo fa il male perché si lascia tentare. Ma chi lo tenta? Dio ha creato gli angeli, esseri puramente spirituali, ma alcuni di questi, nonostante sapessero la drammatica conseguenza del loro gesto, hanno rifiutato Dio. In che consiste questo rifiuto? 
Ossia il rifiuto della grazia di Dio, “il raggiungimento del fine soprannaturale con le sole forze della natura” (Cantoni, pag. 35).
È realizzare se stessi con le sole nostre forze, come se fossimo dei, come se ci fossimo fatti da soli. Ecco chi è il serpente che tenta l’uomo: un angelo che si vuol fare simile a Dio con le sue sole forze. Ma questo “è lo stesso peccato che Satana suggerisce all’uomo: la similitudine con Dio non accettata come dono, ma ottenuta con un proprio sforzo non sottomesso all’azione di Dio”.
Questo ragionamento del voler fare tutto da soli, assomiglia a quello di coloro che vedono nella Chiesa una imposizione esterna, una istituzione inutile alla salvezza, qualcosa che sa imporre solo regole ma non c’entra nulla con la ricerca di Dio. In realtà, come ha detto il Papa nell’Udienza Generale del 29 maggio 2013, la parola ekklesia significa convocazione e infatti, per sua iniziativa, tramite la Chiesa, «Dio ci convoca, ci spinge ad uscire dall’individualismo, dalla tendenza a chiudersi in se stessi e ci chiama a far parte della sua famiglia».
Infatti “Dio ci ha creati perché viviamo in una relazione di profonda amicizia con Lui, e anche quando il peccato ha rotto questa relazione con Lui, con gli altri e con il creato, Dio non ci ha abbandonati. Tutta la storia della salvezza è la storia di Dio che cerca l’uomo, gli offre il suo amore, lo accoglie”.
Viene da chiedersi, perciò, come fa a conoscere Gesù chi dice di poter far a meno della Tradizione e del Magistero della Chiesa? Negare la Chiesa non è presumere di poter alla fine salvarsi da soli? Non è chiudersi in se stessi e compiacersi “della propria perfezione e bellezza senza aprirsi a ciò che la supera”, come il più luminoso di tutti gli angeli (Cantoni, ibid.)?

Purtroppo oggi questa mentalità è diffusa, tanto che anche l’amore per il prossimo è talvolta concepito come uno specchio: io amo l’altro per piacere, perché mi fa stare bene. È sempre l’io il protagonista dell’amore. Gesù invece nel Getsemani ha scelto per amore di sottomettersi alla volontà del Padre fino alla morte in croce. Come ricorda il papa «la linfa vitale è l’amore di Dio che si concretizza nell’amare Lui e gli altri, tutti, senza distinzioni e misura. La Chiesa è famiglia in cui si ama e si è amati».
Un amore quindi non ripiegato nell’io, ma il dono completo di se stessi. 
Il peccato non è altro che il rifiuto di questo amore. Per orgoglio l’uomo non vuole vincoli, vuole realizzarsi da solo. Ma questo comporta il rimanere a terra, rimanere schiavi di mille tentazioni. L’uomo rifiuta di adorare Dio, ma sceglie di adorare un’infinità di idoli.
Nell’eternità o bruceremo mortalmente per amore di noi stessi, o bruceremo di vera vita per amore di Dio. 
Il primo passo, perciò, è riconoscersi umilmente peccatori, e in questo modo aprirci all’amore di Dio, perché, una volta riconosciutisi peccatori abbiamo, dice il Papa, un luogo dove rifugiarci: la Chiesa, tramite il sacramento della confessione. Infatti «Quando noi ci accorgiamo di essere peccatori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona. Non dimenticatelo: Dio sempre perdona e ci riceve nel suo amore di perdono e di misericordia»

venerdì 16 gennaio 2015

Con la nostra vita tracciare una scia di luce.











Che cosa vuol dire «rimanere nell'amore», nella nostra giornata? possiamo intendere il non fare nulla che sia contro l'amore; e sarebbe già qualcosa. Ma evidentemente questa espressione indica qualcosa di più di positivo, di dinamico: l'amore per Dio e per ogni uomo ci spinge, a prodigarci in piccole o grandi azioni, con crescente fantasia.

 All'inizio, magari, riusciamo a ricordarci e a rimanere in questa realtà solo per brevi attimi. Ma già questo è importante, perché è come se dovessimo tracciare con la nostra vita una scia di luce. Quel che si aspetta Dio da noi, più che grandi atti di virtù o imprese eroiche, è proprio il nostro amore per Lui, che si trabocca sugli uomini. 

Oppure ci può succedere che venga mal interpretato quello che noi facciamo; e nascono incomprensioni. Non è facile allora ricordarsi che, indipendentemente da ogni possibile chiarimento, quel che vale è, comunque, «rimanere in Dio».

Molti di noi hanno conosciuto maldicenze, insulti, prese in giro e imbrogli di ogni tipo. Molti sanno cosa significhi l'orgoglio ferito, l'umiliazione, la voglia di ripagare con la stessa moneta, o la rabbia sorda dell'impotenza.Ma chi riesce a «rimanere nell'amore» impara a perdonare, a rendere bene per male, a pregare per chi ci perseguita, e a dare il doppio di quello che ci viene chiesto, a vivere insomma tutto il Vangelo. E allora sperimentiamo la gioia di essere in Dio.
 




domenica 11 gennaio 2015

P. VITTORIO, UN CARISSIMO AMICO NEGLI ANNI PASSATI IN ALBANIA

p. Vittorio Piubellini è stato un bravo Sacerdote Somasco che ha realizzato la sua vita facendo spazio agli altri e riservando sempre l'ultimo posto per sè. Ora riposa nella tomba dei Sacerdoti nel suo paese natio a Lurate Carisio, a 12 Km da Como.
 Ho potuto partecipare al secondo funerale di giovedì scorso, dopo che il primo funerale fu celebrato lunedì in cattedrale a RRESHEN-Tirana alla presenza di 7 Vescovi su 8 provenienti da tutta l'Albania, con molti Sacerdoti concelebranti, numerose Suore di varie Congregazioni religiose e tanti cristiani che avevano conosciuto p. Vittorio nei suoi 10 anni di Missione apostolica in quella terra della Mirdita Albanese.
Mi ha molto impressionato il fatto che sia partito così in fretta per il Cielo, per un infarto, domenica mattina, mentre stava preparandosi per andare a celebrare  le SS. Messe ai suoi fedeli che lo aspettavano. Senza disturbare molto lui è andato direttamente al banchetto del cielo con tutti gli angeli ed i santi del paradiso.
Molto istruito e saggio, sapeva cogliere le occasioni per aiutare ogni persona che gli passava accanto. "Era molto buono", ripetevano le numerose persone venute al suo funerale a LURATE CACCIVIO -CO,  nella bella chiesa dedicata a Maria SS.
Il presbiterio della parrocchia era colmo di oltre 50 Sacerdoti Somaschi e non che hanno partecipato alla Liturgia funebre con particolare raccoglimento e hanno dedicato un ascolto commosso alle parole dell'omelia che tratteggiavano gli aspetti della vita di p. Vittorio. Una vita veramente donata al servizio del prossimo incontrato in diverse opere in cui ha vissuto.
 Questa immagine mi ha fatto meditare sul canto che dice:"...Quando busserò alla Tua porta, avrò frutti da portare, avrò ceste di dolore, avrò grappoli d'Amore. o mio Signore". P. Vittorio resti sempre presente e vivo nel mio cuore per tutti i momenti belli vissuti insieme, per il tuo sostegno morale, per tutte le cure e premure nell'accorgerti delle necessità di chi ti stava accanto.
 Resti una luce accesa nella vita di tante persone che ti hanno conosciuto e che hai amato e servito con fraterna generosità
Sei ora l'angelo protettore della nostra opera in Albania. 
Sei tu che la devi mandare avanti per il bene e la realizzazione culturale e morale di tanti giovani albanesi, che ti hanno conosciuto ed apprezzato. Grazie carissimo Vittorio.

domenica 4 gennaio 2015

LA RIVOLUZIONE DELL'AMORE AL PROSSIMO

Amare l’altro come se stesso”.



Ha detto un grande psicologo del nostro tempo: «La nostra civiltà molto raramente cerca d’imparare l’arte di amare  e,nonostante la disperata ricerca di amore,tutto il resto è considerato più importante: successo, prestigio, denaro, potere.



Quasi ogni nostra energia è usata per raggiungere questi scopi e quasi nessuna per conoscere l’arte di amare».Dal Vangelo, da Gesù emerge la ‘vera arte di amare’: “amare l’altro come se stesso!”.



E metterla in pratica è il primo imprescindibile passo da compiere per poter scatenare quella rivoluzione pacifica,
ma così incisiva e radicale, che cambia ogni cosa, che cambia il mondo.


Tocca non solo l’ambito spirituale, ma anche quello umano, rinnovandone ogni espressione: culturale, filosofica, politica, economica, educativa, scientifica, ecc.
È il segreto di quella rivoluzione che ha permesso ai primi cristiani di invadere il mondo allora conosciuto. Auguri!