martedì 31 marzo 2015
CAMMINIAMO INCONTRO A GESU'
PARROCCHIA ASSUNTA NERVI:
IMPORTANTE SETTIMANA SANTA
PANE AZZImO giovedi 2 aprile 2015
· Ritrovo ore 8.15 al Collegio Emiliani. Andremo a Bavari.
· Mattina e pomeriggio: giochi e attività legate al pane azzimo
· Arriveremo per le 17.30 alla Casa della Gioventù per poi partecipare alle 18.00 alla Messa del Giovedì Santo a cui sono invitati anche tutti i genitori
I BAMBINI CHE QUEST’ANNO A MAGGIO FARANNO LA 1°COMUNIONE, DURANTE LA S.MESSA delle 18.00, VIVRANNO IL RITO DELLA LAVANDA DEI PIEDI.
· Pranzo al sacco + un dolcetto da condividere
· Quota: 2,00€
· Portare: 2 biglietti dell’autobus + un mattarello
VENERDì 3 APRILE ore 15.00 nel cortile del Collegio Emiliani
PARROCCHIA ASSUNTA NERVI:
IMPORTANTE SETTIMANA SANTA
PANE AZZImO giovedi
2 aprile 2015
· Ritrovo ore 8.15 al Collegio Emiliani. Andremo a Bavari.
· Mattina e pomeriggio: giochi e attività legate al pane
azzimo
· Arriveremo per le 17.30 alla Casa della
Gioventù per poi partecipare alle 18.00 alla Messa del Giovedì Santo a cui sono
invitati anche tutti i genitori
I BAMBINI CHE QUEST’ANNO A MAGGIO FARANNO LA 1°COMUNIONE,
DURANTE LA S.MESSA delle 18.00, VIVRANNO IL RITO DELLA LAVANDA DEI PIEDI.
· Pranzo al sacco + un dolcetto da condividere
· Quota: 2,00€
· Portare: 2 biglietti dell’autobus + un mattarello
VENERDì 3 APRILE ore 15.00 nel cortile
del
Collegio Emiliani
domenica 15 marzo 2015
Al consiglio pastorale diocesano
Serata ricca di argomenti sulla famiglia e sul Sinodo coi rappresentanti delle varie organizzazioni della diocesi di Genova. Seguendo il Papa e il presidente della Conferenza Episcopale CEI si lavora tutti insieme per ll Regno di Dio.
mercoledì 11 marzo 2015
AMARE DA' GIOIA. LO DICE PAPA FRANCESCO A C.L. E A TUTTI NOI
Tutto, nella nostra vita, oggi come al tempo di Gesù,
incomincia con un incontro. Un incontro con quest’Uomo, il falegname di
Nazaret, un uomo come tutti e allo stesso tempo diverso.
Pensiamo al Vangelo di
Giovanni, là dove racconta del primo incontro dei discepoli con Gesù (cfr
1,35-42). Andrea, Giovanni, Simone: si sentirono guardati fin nel profondo, conosciuti
intimamente, e questo generò in loro una sorpresa, uno stupore che,
immediatamente, li fece sentire legati a Lui... O quando, dopo la Risurrezione,
Gesù chiede a Pietro: «Mi ami?» (Gv 21,15), e Pietro risponde: «Sì»; quel sì non
era l’esito di una forza di volontà, non veniva solo dalla decisione dell’uomo
Simone: veniva prima ancora dalla Grazia, era quel “primerear”, quel
precedere della Grazia. Questa fu la scoperta decisiva per san Paolo, per
sant’Agostino, e tanti altri santi: Gesù Cristo sempre è primo, ci primerea,
ci aspetta, Gesù Cristo ci precede sempre; e quando noi arriviamo, Lui stava
già aspettando. Lui è come il fiore del mandorlo: è quello che fiorisce per
primo, e annuncia la primavera.
E non si può capire questa dinamica dell’incontro che
suscita lo stupore e l’adesione senza la misericordia. Solo chi è stato
accarezzato dalla tenerezza della misericordia, conosce veramente il Signore.
Il luogo privilegiato dell’incontro è la carezza della misericordia di Gesù Cristo
verso il mio peccato. E per questo, alcune volte, voi mi avete sentito dire che
il posto, il luogo privilegiato dell’incontro con Gesù Cristo è il mio peccato.
È grazie a questo abbraccio di misericordia che viene voglia di rispondere e di
cambiare, e che può scaturire una vita diversa. La morale cristiana non è lo
sforzo titanico, volontaristico, di chi decide di essere coerente e ci riesce,
una sorta di sfida solitaria di fronte al mondo. No. Questa non è la morale
cristiana, è un’altra cosa. La morale cristiana è risposta, è la risposta
commossa di fronte a una misericordia sorprendente, imprevedibile, addirittura
“ingiusta” secondo i criteri umani, di Uno che mi conosce, conosce i miei
tradimenti e mi vuole bene lo stesso, mi stima, mi abbraccia, mi chiama di
nuovo, spera in me, attende da me.
La morale cristiana non è non cadere mai, ma
alzarsi sempre, grazie alla sua mano che ci prende. E la strada della Chiesa è
anche questa: lasciare che si manifesti la grande misericordia di Dio.
Dicevo,
nei giorni scorsi, ai nuovi Cardinali: «La strada della Chiesa è quella di non
condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le
persone che la chiedono con cuore sincero; la strada della Chiesa è proprio
quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle
“periferie” dell’esistenza; quella di adottare integralmente la logica di Dio»,
che è quella della misericordia (Omelia, 15 febbraio 2015). Anche la
Chiesa deve sentire l’impulso gioioso di diventare fiore di mandorlo, cioè
primavera come Gesù, per tutta l’umanità.
Oggi voi ricordate anche i sessant’anni dell’inizio del
vostro Movimento, «nato nella Chiesa – come vi disse Benedetto XVI – non da una
volontà organizzativa della Gerarchia, ma originato da un incontro rinnovato
con Cristo e così, possiamo dire, da un impulso derivante ultimamente dallo
Spirito Santo» (Discorso al pellegrinaggio di Comunione e Liberazione,
24 marzo 2007: Insegnamenti III, 1 [2007], 557).
Dopo sessant’anni, il carisma originario non ha perso la sua
freschezza e vitalità. Però, ricordate che il centro non è il carisma, il
centro è uno solo, è Gesù, Gesù Cristo! Quando metto al centro il mio metodo
spirituale, il mio cammino spirituale, il mio modo di attuarlo, io esco di
strada. Tutta la spiritualità, tutti i carismi nella Chiesa devono essere
“decentrati”: al centro c’è solo il Signore! Per questo, quando Paolo nella
Prima Lettera ai Corinzi parla dei carismi, di questa realtà così bella della
Chiesa, del Corpo Mistico, termina parlando dell’amore, cioè di quello che
viene da Dio, ciò che è proprio di Dio, e che ci permette di imitarlo. Non
dimenticatevi mai di questo, di essere decentrati!
E poi il carisma non si conserva in una bottiglia di acqua
distillata! Fedeltà al carisma non vuol dire “pietrificarlo” – è il diavolo
quello che “pietrifica”, non dimenticare! Fedeltà al carisma non vuol dire
scriverlo su una pergamena e metterlo in un quadro. Il riferimento all’eredità
che vi ha lasciato Don Giussani non può ridursi a un museo di ricordi, di
decisioni prese, di norme di condotta. Comporta certamente fedeltà alla
tradizione, ma fedeltà alla tradizione – diceva Mahler – “significa tenere vivo
il fuoco e non adorare le ceneri”. Don Giussani non vi perdonerebbe mai che
perdeste la libertà e vi trasformaste in guide da museo o adoratori di ceneri.
Tenete vivo il fuoco della memoria di quel primo incontro e siate liberi!
Così, centrati in Cristo e nel Vangelo, voi potete essere
braccia, mani, piedi, mente e cuore di una Chiesa “in uscita”. La strada della
Chiesa è uscire per andare a cercare i lontani nelle periferie, a servire Gesù
in ogni persona emarginata, abbandonata, senza fede, delusa dalla Chiesa,
prigioniera del proprio egoismo.
“Uscire” significa anche respingere l’autoreferenzialità, in
tutte le sue forme, significa saper ascoltare chi non è come noi, imparando da
tutti, con umiltà sincera. Quando siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo
per coltivare una “spiritualità di etichetta”: “Io sono CL”. Questa è
l’etichetta. E poi cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale,
quel guardarci allo specchio che ci porta a disorientarci e a trasformarci in
meri impresari di una ONG.
Cari amici, vorrei finire con due citazioni molto
significative di Don Giussani, una degli inizi e una della fine della sua vita.
La prima: «Il cristianesimo non si realizza mai nella storia
come fissità di posizioni da difendere, che si rapportino al nuovo come pura
antitesi; il cristianesimo è principio di redenzione, che assume il nuovo,
salvandolo» (Porta la speranza. Primi scritti, Genova 1967, 119). Questa sarà
intorno al 1967.
La seconda del 2004: «Non solo non ho mai inteso “fondare”
niente, ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere
sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti
elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come
tale nei suoi elementi originali, e basta» (Lettera a Giovanni Paolo II, 26 gennaio
2004, in occasione dei 50 anni di Comunione e Liberazione).
Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. E,
per favore, non dimenticatevi di pregare per me! Grazie.
giovedì 5 marzo 2015
Il peso della vita.
Ogni mamma ha il peso maggiore della vita e dei figli e si addossa il carico maggiore con quell'amore caratteristico che nulla chiede e tutto da.
domenica 1 marzo 2015
SE IL CRISTIANO VUOLE....LIBERAMENTE.
“Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso,
prenda la sua croce e mi segua”
La croce – quella di “ogni giorno”, come dice il Vangelo di Luca (9, 23) – può avere mille volti: una malattia, la perdita del lavoro, l’incapacità di gestire i problemi familiari o quelli professionali, il senso di fallimento davanti all’insuccesso nel creare rapporti autentici, il senso di impotenza davanti ai grandi conflitti mondiali, l’indignazione per i ricorrenti scandali nella nostra società…
Non occorre cercarla, la croce, ci viene incontro da sé, forse proprio quando meno l’aspettiamo e nei modi che mai avremmo immaginato. L’invito di Gesù è di “prenderla”, senza subirla con rassegnazione come un male inevitabile, senza lasciare che ci cada addosso e ci schiacci, senza neppure sopportarla con fare stoico e distaccato. Accoglierla invece come condivisione della sua croce, come possibilità di essere discepoli anche in quella situazione e di vivere in comunione con lui anche in quel dolore, perché lui per primo ha condiviso la nostra croce.
Quando infatti Gesù si è caricato della sua croce, con essa ha preso sulle spalle ogni nostra croce.
In ogni dolore, qualunque volto esso abbia, possiamo dunque trovare Gesù che già lo ha fatto suo.
La croce – quella di “ogni giorno”, come dice il Vangelo di Luca (9, 23) – può avere mille volti: una malattia, la perdita del lavoro, l’incapacità di gestire i problemi familiari o quelli professionali, il senso di fallimento davanti all’insuccesso nel creare rapporti autentici, il senso di impotenza davanti ai grandi conflitti mondiali, l’indignazione per i ricorrenti scandali nella nostra società…
Non occorre cercarla, la croce, ci viene incontro da sé, forse proprio quando meno l’aspettiamo e nei modi che mai avremmo immaginato. L’invito di Gesù è di “prenderla”, senza subirla con rassegnazione come un male inevitabile, senza lasciare che ci cada addosso e ci schiacci, senza neppure sopportarla con fare stoico e distaccato. Accoglierla invece come condivisione della sua croce, come possibilità di essere discepoli anche in quella situazione e di vivere in comunione con lui anche in quel dolore, perché lui per primo ha condiviso la nostra croce.
Quando infatti Gesù si è caricato della sua croce, con essa ha preso sulle spalle ogni nostra croce.
In ogni dolore, qualunque volto esso abbia, possiamo dunque trovare Gesù che già lo ha fatto suo.
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